È l’ultima tappa della missione voluta da Francesco per tentare di far tacere le armi in Ucraina. Oggi il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e “inviato speciale” del Papa, parte per Pechino. Domani incontrerà i massimi vertici istituzionali cinesi, tra cui il primo ministro, Li Qiang.
Il viaggio di Zuppi non è un’iniziativa isolata. Il cardinale non solo ha l’appoggio del governo italiano, ma anche della Casa Bianca, dell’Ue e della Nato. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è stato costantemente informato dell’organizzazione e ieri ha avuto un colloquio diretto a Berlino con il cardinale.
Fino all’ultimo le date del viaggio sono state tenute riservate per una questione di sicurezza. L’Italia ha investito sul ruolo della Santa Sede senza compromettere la totale lealtà alla linea seguita da Washington e dall’Alleanza Atlantica. «Noi sosteniamo tutte le iniziative di pace purché alla fine sia una pace giusta che è quella che garantisca indipendenza e libertà all’Ucraina», ha sottolineato ieri Tajani proprio a Berlino nel corso dell’incontro internazionale “L’audacia della pace” organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. «L’ho detto anche in occasione della mia visita la scorsa settimana a Pechino: noi guardiamo con favore alla missione del cardinale Zuppi voluta da Papa Francesco perché è una missione di pace. Noi siamo per la pace e vogliamo che si costruisca la pace».
Di certo, però, il tentativo di Zuppi non sarà semplice. Il presidente della Cei con il medesimo obiettivo era già stato a Mosca, Washington e Kiev. Il Vaticano da tempo ritiene indispensabile aprire un calendario di relazioni più fitte con la Cina, consapevole che una mediazione di Pechino possa essere determinante per arrivare a far tacere le armi in Ucraina. «Deve essere una pace scelta dagli ucraini», ha ribadito Zuppi sempre ieri a Berlino, «con le garanzie, l’impegno, lo sforzo di tutti. E quindi chiaramente quello della Cina è uno degli elementi forse più importanti».
Nello stesso tempo la sua partenza avviene a pochi giorni dalle severe critiche mosse dal governo ucraino proprio a Francesco. «Il Papa non ha alcun ruolo di mediazione, è filorusso, non è credibile», ha attaccato venerdì scorso Mykhailo Podolyak, primo consigliere di Zelensky.
Eppure un sottile filo di speranza resta ancora integro. Quanto la Cina sia già pronta a svolgere questo ruolo di mediazione però è tutto da verificare. La debolezza russa può essere un vantaggio per il Drago cinese.
Articolo proveniente da Linkiesta