Visto di profilo sembra Nosferatu di Murnau più che il capo mercenario della Wagner. Yevgeny Prigozhin è ricomparso, in un video sfuocato, diffuso sui suoi canali Telegram, quelli compulsati ossessivamente dai media occidentali durante e dopo la fallita insurrezione del 24 giugno. Qualche giorno fa il ritorno era stato anticipato dalle foto dello stesso, in mutande in una tenda da campo. Adesso il filmato in cui Prigozhin (o di uno che gli assomiglia) accoglie gli uomini in Bielorussia.

Il primo dato è questo: la location. L’unità militare privata si sta riorganizzando all’ombra del regime di Lukashenko – e avrebbe rispettato, quindi, le condizioni della tregua. Il secondo sono i suoi programmi. A sentire quell’audio, la Wagner vuole tornare in Africa, dove dispone di un fiorente impero economico. «Ciò che sta accadendo al fronte è una disgrazia a cui non abbiamo bisogno di partecipare. Dobbiamo aspettare il momento in cui potremo dimostrare pienamente il nostro valore», dice.

Con il rischio che quella chance sia passata insieme a un «golpe» che non lo era. Dopo quella «manifestazione sindacale», così l’avrebbe definita il traditore, Prigozhin era stato ricevuto da Vladimir Putin al Cremlino, dove il presidente avrebbe proposto un nuovo comandante alla Wagner e lui avrebbe declinato. C’è un terzo elemento da non sottovalutare: nelle dichiarazioni d’intenti dell’ex «cuoco» c’è pure riorganizzare l’esercito bielorusso, per renderlo «il secondo più forte al mondo».

Secondo dopo quale? Quello russo? Le truppe di Putin hanno dimostrato di non essere le seconde né a livello planetario né in Ucraina. La settimana scorsa otto convogli, dal confine della Federazione, hanno raggiunto il campo di tende nei pressi della cittadina bielorussa di Tsel, che anche in base alle rilevazioni satellitari potrebbe essere la nuova base della Wagner. Si stima siano arrivati tra i cinquanta e i 150 veicoli. I «reduci» sarebbero almeno duemila.

In parallelo, il principale sito di addestramento del gruppo in Russia, a Molkino, nella regione meridionale di Krasnodar, chiuderà a fine luglio. Da qui, dunque, il «trasloco». Intanto Putin ha rinunciato a partecipare al summit Brics in Sudafrica, Paese che aderisce alla Corte penale internazionale dell’Aja. Un suo arresto, avevano detto i russi, sarebbe stato interpretato come una «dichiarazione di guerra». Ma poi lo «zar» deve aver preferito non rischiare.

La strategia è la stessa che, secondo il capo dell’MI6 britannico Richard Moore, ha adottato di fronte all’ammutinamento di Prigozhin: nemico della patria a colazione, pedonato entro l’ora di cena, invitato per il tè pochi giorni dopo. E cioè: «Salvarsi la pelle».

Articolo proveniente da Linkiesta