Elly Schlein contro Marco Minniti, lo scontro non stupisce e racchiude in sé visioni opposte del ruolo della sinistra. La segretaria del Partito democratico ribadisce una visione massimalista, declamatoria, che non sa guardare al mondo reale ed è riferita ad astratti principi, per contro, l’ex ministro dell’Interno conferma una strategia riformista di piccoli passi ma inseriti in un arco vasto di interventi che legano i flussi migratori alle dinamiche dello sviluppo e ai colossali cambiamenti prodotti dalla guerra russa.
Non è un caso che il dissidio sia scoppiato sul Memorandum mediato dalla Farnesina e da Palazzo Chigi, firmato domenica scorsa tra l’Unione Europea e la Tunisia. Un documento che segna una svolta, non tanto per la quantità dei capitali che Bruxelles riversa su Tunisi – poche centinaia di milioni, ben al di sotto delle necessità di un paese sull’orlo del default – quanto per la sua struttura articolata che integra per la prima volta il problema dei flussi migratori irregolari dentro un quadro di intervento europeo sullo sviluppo economico di un paese di provenienza dei migranti.
Una struttura ben diversa da quella del precedente accordo voluto da Angela Merkel nel 2015 che ha spinto l’Unione europea a versare cinque miliardi di euro alla Turchia di Tayyp Erdogan perché ospitasse i milioni di profughi siriani che premevano ai confini dell’Europa.
Il Memorandum Ue-Tunisia infatti si basa oggi su cinque pilastri il primo dei quali – non a caso – come ha spiegato Ursula von Der Leyen riguarda la formazione dei giovani:
1) Una finestra in Europa per i giovani tunisini che potranno partecipare al progetto l’Erasmus. Per le scuole tunisine stanziati sessantacinque milioni;
2) Sviluppo economico: l’Ue aiuterà la crescita e la resilienza dell’economia tunisina;
3) Investimenti e commercio: l’Ue è il più grande partner economico della Tunisia ed effettuerà investimenti anche per migliorare la connettività della Tunisia, per il turismo e l’agricoltura. Centocinquanta milioni verranno stanziati per il Medusa submarine cable tra Europa e Tunisia.
4) Energia pulita: la Tunisia ha potenzialità enormi di energie rinnovabili. L’ Europa ha bisogno di fonti per l’energia pulita, una situazione win-win. Stanziati 300 milioni per questo progetto come primo step.
5) Migranti: per stroncare i trafficanti – e distruggere il loro business – Ue e Tunisia coordineranno le operazioni Search and Rescue. Per questo sono stanziati cento milioni di euro. Da parte sua la Tunisia si impegna a riaccogliere i migranti irregolari tunisini – ma solo ed esclusivamente tunisini – rimpatriati dall’Italia e dall’Europa.
Durissima dunque contro questo Memorandum europeo Elly Schlein che lo attacca frontalmente anche e soprattutto perché segna un successo del governo italiano che è riuscito a convincere la Commissione Europea a farlo proprio grazie ai rapporti oggi ottimi tra Giorgia Meloni e Ursula von Der Leyen.
Un attacco peraltro confuso: «Il memorandum tra Ue e Tunisia è l’ennesimo tentativo di esternalizzare il controllo delle frontiere senza tenere conto il rispetto della democrazia e dei diritti umani». Dunque sono due le contestazioni: è sbagliato esternalizzare il controllo delle frontiere ed è errato non subordinare ogni accordo al rispetto dei diritti umani.
La prima contestazione in modo obliquo e non esplicito – come sempre fa Elly Schlein – lascia intravedere una posizione radicata a sinistra che vuole l’accoglienza di tutti i migranti, senza filtri. Per irregolari e illegali che siano. Invece, la subordinazione di ogni accordo al rispetto dei diritti umani è semplicemente velleitaria e porterebbe a non fare accordi di nessun tipo con nessun Stato africano, tranne, forse, uno o due. Tutti i paesi di provenienza, di passaggio e di imbarco dei flussi di migranti sono infatti non democratici e non rispettosi dei diritti dell’uomo.
La Tunisia di Kaïs Saïed aggiunge a queste caratteristiche una buona dose di xenofobia di Stato. Ma pensare che sia possibile imporre un percorso di democratizzazione dall’esterno e dall’alto, quasi fosse possibile una “esportazione della democrazia” per via diplomatica è tanto velleitario quanto radicato in una sinistra democrat che non a caso è ai minimi termini in Europa.Beninteso, il riferimento ai diritti umani è ben presente ed esplicito nel memorandum Ue-Tunisia, ma ovviamente non è vincolante, per mille concrete ragioni di realpolitik.
In realtà – questo sfugge totalmente a Elly Schlein – come ha rimarcato Giorgia Meloni nel vertice NATO di Vilnius, se l’Europa non si fa carico della soluzione della crisi tunisina e poi di rapporti stretti e innovativi con l’Africa sub sahariana, «la Wagner è già pronta a intervenire» a copertura di ingenti finanziamenti cinesi e russi come fa già da anni in ben tredici Stati africani.
Marco Minniti, al contrario della segretaria del Pd, è pienamente consapevole della interdipendenza del quadro africano con quello russo-ucraino e quindi non si imbarazza, da uomo di sinistra ma non settario, ad applaudire al Memorandum Ue-Tunisia: «È un successo per il nostro governo e per l’Europa che fa da apripista per la stabilizzazione dell’Africa che è il fronte secondario della guerra asimmetrica con l’Ucraina. Poi bisognerà pensare alla Libia, all’Egitto e al Niger, paese importante per i flussi del terrorismo islamico».
Minniti ovviamente, e lo dice, è estremamente sensibile al tema dei diritti umani ma, profondo conoscitore della realtà africana e della realtà dei paesi da cui provengono i flussi migratori sa bene che i diritti si affermano in processi storici lenti, non per decreto e in uno scambio con gli aiuti. Va quindi ben oltre l’apprezzamento per l’operato del governo: «Sarò diretto: Giorgia Meloni non solo può, ma deve avere il ruolo della Merkel per spezzare lo stallo africano e stabilizzare i territori per risolvere la questione dei “movimenti secondari”. Che si chiami “Piano Mattei” o altro fa lo stesso. La sfida è fondamentale per i destini dello stesso Occidente».
Due sinistre. Incompatibili.
Articolo proveniente da Linkiesta