A Bruxelles quello che succederà domenica a Madrid è visto con grande attenzione, nonostante i parlamentari siano già immersi in un periodo di non particolare impegno in vista della prossima chiusura agostana. Insieme a quelle polacche previste a cavallo tra ottobre e novembre e quelle olandesi già fissate per il 22 novembre, le elezioni spagnole sono certamente il primo dei tre appuntamenti che – oltre ovviamente al risultato elettorale europeo di giugno 2024 – aiuteranno a dipanare la grande matassa della maggioranza che guiderà l’Unione la prossima legislatura. Ma le elezioni spagnole, a differenza delle altre, potrebbero lasciare un filo di speranza a quanti nel partito popolare europeo sperano ancora in uno spostamento a destra dell’asse di governo a Bruxelles.

La batosta della settimana scorsa a Manfred Weber non è infatti bastata: il voto alla fine positivo sul Nature Restoration Act della settimana scorsa, su cui Weber aveva puntato tutto stringendo un’alleanza anti Timmermans con la destra un filo più moderata di ECR e con la destra-destra di ID (qui unite da una cultura negazionista del cambiamento ambientale), non è stato sufficiente a convincere Weber che la strada di un’alleanza nella prossima legislatura con ECR e Renew Europe (ammesso che quest’ultima sia disponibile) sia impraticabile e non avrebbe – salvo stravolgimenti – i numeri per reggersi. Ma in realtà non gli è bastata non perché Weber non sappia guardare i numeri che sono inesorabili, ma perché il vero obiettivo è ridimensionare (magari spedendo alla Nato) Ursula Von Der Leyen.

Ma veniamo a Madrid: la Spagna, dal punto di vista di Weber, potrebbe essere il secondo Paese europeo ad avere nella stessa maggioranza di governo nazionale forze del Partito Popolare e di ECR, esattamente come accade in Italia con la presenza rispettivamente di Forza Italia e di Fratelli d’Italia, preludendo quindi all’auspicato cambio di maggioranza a Bruxelles. Ma il tanto vituperato Vox – il partner spagnolo di ECR – è ben più a destra di Fratelli d’Italia, il duro Santiago Abascal – che ne è leader – non è la rassicurante Giorgia Meloni, il loro programma elettorale a differenza di quello meloniano ha un forte DNA antieuropeo, su temi quali le libertà e i diritti cari a Bruxelles – le bandiere arcobaleno del movimento gay le incontri un po’ ovunque nei grigi corridoi del Parlamento europeo – le posizioni spagnole sono ben più rigide di quelle italiane, che sono già considerate indigeribili.

E poi cosa succederà domenica non è dato saperlo, perché non si sa ancora che colore avrà la marea degli indecisi che all’ultimo tuffo si recheranno alle urne: saranno spaventati dal possibile arrivo di Vox al governo o vorranno dare la mazzata finale a Sanchez?

La speranza è l’ultima a morire, si dice in Italia. Ed è l’ultima a morire non solo per Weber, che confida nel fatto che il ribaltone spagnolo sia preludio di quello europeo, ma per molti deputati spagnoli di centro e di sinistra – ma anche qualche popolare – che si augurano che gli spagnoli non diano la maggioranza assoluta a Popolari e Vox insieme (cosa in realtà più che possibile) o che alla fine Núñez Feijóo, leader dei popolari, cerchi una maggioranza diversa alle Cortes, magari con gli indipendentisti di centro (ad iniziare dai potenti baschi che fanno parte di Renew Europe) e con l’astensione (possibile? desiderabile?) dei socialisti.

In un governo di minoranza che la Spagna ha già vissuto e che – a pensarci bene – è anche stato il motivo della morte clinica del partito dei liberali spagnoli di Ciudadanos, che quattro anni fa dissero di no all’appoggio di un governo di minoranza di Sanchez, dando inizio al loro declino. La storia a volte si ripete, a volte no. Lo scopriremo settimana prossima.

L’articolo Elezioni Spagna, paura per l’arrivo di Vox o mazzata finale a Sanchez? Il primo dei tre test in vista delle Europee proviene da Il Riformista.