No, su De Luca non si può: parafrasi di un vecchio Carosello che solo chi è sopra i cinquant’anni può cogliere (era «su De Rica non si può»). Ma il senso è chiaro. Dato che nel mondo reale è impossibile sconfiggere i mulini a vento, in Campania il Partito democratico non può fare a meno di Vincenzo De Luca. Almeno questo è quello che pensano Stefano Bonaccini e in generale i dirigenti nazionali diciamo così della vecchia guardia, quelli insomma che stanno soffrendo il radicalismo «americano» di Elly Schlein (la definizione è di Piero Fassino), quelli che per formazione sono portati a voler vedere le carte, e qui le carte del Nazareno non si vedono.
Infatti non è affatto chiaro cosa voglia fare il nuovo gruppo dirigente del Pd, non solo la leader ma per esempio due importanti esponenti campani della segreteria come Marco Sarracino, Arturo Scotto, Sandro Ruotolo che vorrebbero voltare pagina ma ancora non hanno detto come. Se pensano che De Luca faccia un passo indietro giusto per farli contenti hanno sbagliato di grosso, perché in questa situazione di stallo l’unica cosa chiara è quello che vuole fare lui, il Governatore: governare ancora. Un terzo mandato. Per vincere nel 2025.
De Luca, dopo bordate quasi quotidiane contro Schlein (l’ultima: «Ha fatto tre mandati, è una cacicca»), ha dimostrato una volta di più di sapersi muovere con un buon grado di cattiveria: disertare la due giorni del Pd a Napoli la settimana scorsa ha fatto più notizia del contenuto dell’iniziativa contro l’autonomia differenziata di Roberto Calderoli e della presenza di Roberto Fico che nessuno si è filato. De Luca ha fatto disertare il convegno a tutti i suoi seguaci mentre lui andava a ricevere Giorgia Meloni a Pompei per la gita mensile col treno dalla Capitale, iniziativa voluta dal probabile candidato della destra alla Regione Campania, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, è definita «ridicola» dallo stesso De Luca.
Ė evidente che questa guerra sotto il Vesuvio a Schlein non giova mentre a De Luca fa il solletico, anzi, lo galvanizza pure, come nessun effetto ha prodotto il commissariamento della Campania di Antonio Misiani e di Caserta di Susanna Camusso: questi commissariamenti avevano sì e no qualche effetto ai tempi del Partito comunista italiano con gente alla Ugo Pecchioli, oggi sono del tutto inutili (poi, mandare da quelle parti gente del Nord); e dunque un intestardimento del gruppo dirigente nazionale provocherebbe altri lividi e una sicura sconfitta alle Regionali, a meno che la leader non sia in grado di tirare fuori un coniglio dal cilindro, ipotesi per il momento inesistente. In questo senso è stata destituita di fondamento la voce che Elly avesse in mente di candidare il figlio di Enzo, Piero (già vicecapogruppo alla Camera e declassato a segretario): ci mancherebbe solo una Dinasty napoletana.
Invece con l’attuale Governatore il Pd può vincere, e di questi tempi non è poco. La De Luca machine non si ferma un attimo, piaccia o non piaccia. I metodi sono quelli che ormai tutta Italia conosce, complice anche Maurizio Crozza, ma la domanda è sempre la stessa: c’è un altro, e migliore? Bonaccini ha detto chiaramente che bisogna trovare una soluzione, cioè una mediazione: attorno a programmi innovativi, una squadra giovane. De Luca sa che la politica è accordo, compromesso. Ma Elly è disponibile?
Certo, si può anche preferire una sconfitta pulita a una vittoria ritenuta viziata. Il radicalismo un po’ giacobino di Elly Schlein esercita un certo fascino proprio per la sua purezza che non accetta compromessi in nome di una rottura della continuità che in effetti è il senso principale della sua vittoria alle primarie. Ma la si dovrà spiegare così: meglio perdere senza il Governatore che provare a vincere con lui. E su questa idea dare la parola ai dem della Campania, che sono, o dovrebbero essere, quelli ad avere l’ultima parola. Questa specie di “Un posto al sole” targato Pd continua.
Articolo proveniente da Linkiesta