L’affitto è un tema caro a questa epoca, oltre che a questa generazione. Di affitti troppo cari si lamentano gli studenti, che durante la primavera hanno protestato davanti agli atenei delle maggiori università italiane, accampandosi in tenda. Perché spesso, in città come Milano, il prezzo mensile richiesto a ragazzi poco più che ventenni prevede lo spazio vitale di una tenda. Una tenda che si paga cara. Di affitti si torna a parlare quando sono troppo brevi, come nel caso di Airbnb, le cui soluzioni turistiche stanno spopolando i centri di Venezia, Roma, Bari.
Infine, affitto si accompagna alla parola riciclo, alla parola noleggio, al concetto cioè di economia circolare. Affittare un’automobile riduce notevolmente il traffico urbano, libera i parcheggi e le zone di sosta e diminuisce le emissioni inquinanti, come sanno bene i creatori di Lynk&co. Avere in prestito al posto che possedere. Passarsi, trasferirsi beni di prima necessità, non buttarli, continuare la loro vita in altre mani. È la sharing economy, bellezza. Ci si vende vestiti smessi su apposite applicazioni, spopolano i negozi vintage.

E se si tratta di forniture, di mobili, di arredamento per la casa Ecco, anche in questo caso, il secolo non tarda a trovare risposte. Quanto meno istituzionalizza un fenomeno che esisteva già, com’è ovvio, ma attraverso strade poco istituzionali, come il passaparola e gli annunci. È un classico: ogni volta che si entra in un nuovo appartamento fioccano richieste, suppliche di letti in buono stato, divani, scrivanie di seconda o di terza mano, che non si usano più o che si hanno in esubero. I siti Internet, in realtà, proliferavano già all’inizio del Duemila, sorti nella culla dei contratti di locazione a termine, gli Stati Uniti. I social network svolgono senz’altro la loro funzione di comunità digitali secondo l’imperativo “chi cerca trova”.
Ufficializzare questa richiesta implicita del mercato diventa un modello di business, attività fiorenti nel mare magnum delle imprese digitali: nel 2019 l’azienda di design e architettura Apeiron, dal greco quel principio indefinito e illimitato, da cui tutto deriva, ha lanciato la campagna #Affortable. Ovvero, la possibilità di noleggiare tavoli di pregiata fattura italiana, gli stessi che normalmente si sarebbero andati a pietire da un amico o da un parente lontano, a un euro al giorno.

Del resto, è ormai risaputo che questa generazione, e ancor più la successiva, sarà meno propensa, meno incline ad acquistare immobili di proprietà, e non solo per una questione di prezzi: la stabilità economica, affettiva, stanziale nonché geografica, che prima rappresentava il definitivo giro di vite per decretare di essere diventati adulti, di essere cresciuti, di essere passati dalla parte della classe produttiva, oggi è più labile. Non rappresenta un panorama tanto appetibile, complice il clima di crisi che stiamo attraversando. Si preferisce, insomma, viaggiare leggeri. Avere sempre la possibilità di trasferirsi altrove, per sempre o per un certo periodo, insieme ai propri effetti personali.
Ecco perché i carichi pesanti, la propria “roba” come l’avrebbe definita Verga, possono facilmente essere considerati alla stregua di una prigione. Non rendono liberi, mobili, elastici. Costringono a restare dove si è, a non cambiare mai idea. Renderli interscambiabili consente anche la possibilità di reinventarsi: negli Stati Uniti, piattaforme come Silsal Design House o Table + Teaspoon, basta inserire gli attributi di design che si preferiscono e il numero degli invitati. Così si organizza una festa, anche se si è sprovvisti dei mobili o dei tavoli per un alto numero di persone. Le aziende spediscono tutto a casa insieme alle istruzioni, senza l’obbligo di lavare ciò che si usa prima della riconsegna. Basta spedire tutto entro due giorni.

Infine, Contact District Group è una realtà che stava già cambiando da alcuni anni il paradigma del mercato immobiliare, ma soltanto adesso ha prodotto un vero e proprio scarto, focalizzandosi unicamente sull’arredamento, sugli interni. Nel 2016 si chiamava ancora Milano Contract District, ed era una società di servizi legata al settore dell’home design con l’obiettivo di semplificare la tradizionale filiera dell’immobiliare residenziale.
Adesso, si serve di nuovi marchi di arredamento per garantire un’esperienza di noleggio di arredi in una formula «pay per use»: Ernesto Meda, Flos, Scavolini, Alessi. Dato che le abitazioni sono ormai notoriamente temporanee, perché adeguarsi a vivere in mezzo alle forniture del precedente inquilino, oppure limitarsi ad acquistare mobili comodi ed efficienti all’Ikea Contact District Group prevede contratti che vanno dai quattro agli otto anni, e non si limitano al singolo pezzo, come nel caso degli esempi precedenti, che pure erano virtuosi, ma si limitavano a supplire la mancanza di un solo oggetto, come in un vero passaparola tra amici. No, l’obiettivo dell’amministratore del gruppo, Lorenzo Pascucci, è intervenire alla stregua di una ditta: concepire bagni, cucine, soggiorni.

Divani, letti, scrivanie, cassapanche: ma anche lampade, tendaggi, luci. Il processo è completo, segue dall’inizio alla fine, senza tralasciare neanche un passaggio: al termine del contratto di noleggio, si può decidere se riscattare gli arredi diventandone quindi i proprietari, rivendendoli o portandoli con sé nell’appartamento successivo. Ci si può anche limitare a restituirli. Inoltre, la compagnia garantisce la riqualifica degli interni, sostituendo in tutto o in parte gli arredi stessi, nel caso dovessero usurarsi. Che dire? Un modo sostenibile, variopinto, vivace di abbellire i propri soggiorni di generazione nomade, sempre in affanno da una città a un’altra, da un quartiere a un altro, da un monolocale a un trilocale…
Articolo proveniente da Linkiesta