Nel “Si&No” del Riformista spazio al caso dei due giornalisti Rai sospesi dopo i commenti sessisti intercettati in un fuori onda al termine della diretta: è giusto il provvedimento di viale Mazzini? Favorevole Daniele Macheda, segretario Usigrai, secondo cui “la Rai è un servizio pubblico, serve un tuffo nella responsabilità”. Contraria Hoara Borselli. “Nel fuori onda siamo liberi di dire tutte le idiozie, troppa rigidità finirà per limitare la libertà di espressione” commenta.
Qui l’articolo di Daniele Macheda:
Quanto accaduto ai mondiali di nuoto conferma la responsabilità che va tenuta presente da chi fa informazione e dal Servizio pubblico della Rai. Durante una diretta va prestata la massima attenzione da parte di chi commenta e di chi coordina il lavoro dei telecronisti ad ogni aspetto della produzione. Come sindacato abbiamo accolto positivamente la scelta della Rai di far rientrare giornalista e commentatore delle gare dei tuffi. L’apertura di un procedimento disciplinare deve avere l’obiettivo di individuare le responsabilità dei singoli nell’intera linea di comando e coordinamento.
La Fnsi lo ha detto con una nota della sua Commissione Pari Opportunità: “Adesso basta. Linguaggio volgare, espressioni fortemente sessiste, e anche razziste nella telecronaca trasmessa su Rai Play2. E il fatto che i due cronisti pensassero di essere a microfono spento è soltanto un’aggravante”.
Bene hanno fatto le Commissioni pari opportunità di Fnsi, Odg e Usigrai e Giulia Giornaliste a denunciare le espressioni utilizzate dal telecronista Lorenzo Leonarduzzi e dal commentatore tecnico Massimiliano Mazzucchi, “intrise di body shaming e stereotipi contro le tuffatrici olandesi e una atleta azzurra, che costituiscono violazioni al Manifesto di Venezia e all’articolo 5 bis del testo unico deontologico, nonché della Policy di genere della Rai e sono figlie di una cultura maschilista e denigratoria nei confronti dello sport femminile e delle donne».
La nota della Federazione nazionale della stampa si chiude con l’annuncio del prossimo passo: «Le Cpo Fnsi Odg Usigrai e Giulia Giornaliste presenteranno esposto al Consiglio di Disciplina dell’ordine di appartenenza di Leonarduzzi, già segnalato per commento razzista durante la gara maschile e, in passato, non nuovo a telecronache intrise di violenza verbale, incapace di contenere il commento tecnico»
Segnalo tra l’altro che tra gli obblighi della Rai previsti dal Contratto di Servizio c’è anche quello di “Sensibilizzare i conduttori, dipendenti e collaboratori, ad attenersi scrupolosamente nella loro attività al rispetto dell’integrità della dignità della persona e al principio di non discriminazione” . C’è poi in azienda una Policy di Genere approvata dal consiglio di amministrazione e che di fatto è “legge” aziendale” a cui tutti devono attenersi. Ne consegue che i commenti dei telecronisti devono essere sempre rispettosi del pubblico e delle persone coinvolte nelle notizie che ci si trova a raccontare.
Le Cpo dell’Usigrai e della Rai hanno chiesto un confronto urgente, all’AD Roberto Sergio, sulla selezione e valutazione dei colleghi chiamati a rappresentare l’Azienda on air/on screen, in particolare per le dirette e acor più in ambito sportivo. Le Cpo hanno ricordato all’Ad della Rai come da tempo chiedano di varare un corso di “Gender Etiquette” legato alla messa in onda e che vararlo in tempi brevi sarebbe la riscosta migliore dopo quanto accaduto.
L’Usigrai, da pare sua, per ribadire valori e principi che devono ispirare il lavoro dei giornalisti della Rai ha ottenuto di inserire nel contratto, insieme alla Carta dei diritti e dei doveri del giornalista del Servizio pubblico anche le carte deontologiche della professione con particolare riferimento, tra l’altro, al Testo unico dei doveri del giornalista, con particolare riguardo al dovere fondamentale di rispettare la persona e la sua dignità e di non discriminare in base alla razza, al paese di origine, alla religione , al sesso , all’identità sessuale alle condizioni fisiche e mentali e alle opinioni politiche.
Nel contratto Rai-Usigrai c’e anche il Manifesto di Venezia il cui rispetto testimonia l’impegno del sindacato dei giornalisti contro una rappresentazione “tossica” delle donne che è alla base della violenza di genere. Per tutte queste ragioni deve essere chiaro che quando un collega si trova davanti a un microfono della Rai, inviato a un evento internazionale, non può permettersi di proferire le frasi sessiste che in molti hanno ascoltato; nemmeno come battuta. Così come non fa nessuna differenza che la telecronaca non sia andata in onda sul canale, ma sul sito; o che i commentatori credessero di non essere ascoltati.
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