Pochi temi sono in grado di scatenare un dibattito politico da “tutti contro tutti” come quello dei condoni fiscali. La prima ragione è che dentro questa generica definizione sono ricomprese cose tra loro diversissime. Detto che nella definizione di condono fiscale può rientrare qualsiasi provvedimento di abbuono, anche soltanto parziale, di imposte e loro accessori, quali le sanzioni e gli interessi, il dibattito politico assumerebbe contorni più costruttivi se si mettesse a fuoco la specifica tipologia di misura che si propone, oppure si avversa.
Il condono fiscale nella sua versione più “light” è quello che non fa sconti sulle imposte dovute, ma solo sulle sanzioni e sugli interessi. Il condono fiscale nella sua versione “medium” è quello che fa sconti non solo sulle sanzioni e sugli interessi, ma anche sulle imposte dovute, limitando però questa possibilità a coloro i quali non hanno onorato il proprio dovere di pagamento in relazione a imposte che hanno regolarmente dichiarato al fisco.
Rispetto alla versione “light”, lo sconto anche di una parte delle imposte dovute costituisce un evidente salto di qualità nella “perdonanza fiscale”, ma la limitazione alla sole imposte “prima dichiarate e poi non pagate” (con un contribuente, quindi, che non si nasconde dal fisco) mantiene intatta la piena perseguibilità di coloro i quali hanno omesso di presentare la dichiarazione dei propri redditi o la hanno presentata infedele, lasciando sommersa una parte più o meno rilevante dei redditi e dei patrimoni che avrebbero dovuto invece dichiarare.
Il condono fiscale nella sua versione “medium” è quello che fa sconti non solo sulle sanzioni e sugli interessi, ma anche sulle imposte dovute, consentendo di avvalersene anche a coloro che hanno omesso di dichiarare in tutto o in parte, al fisco, i propri redditi o le proprie consistenze patrimoniali rilevanti ai fini fiscali.
L’ultima tornata di condoni “strong” risale ormai alla tornata condonatoria del 2001/2002, caratterizzata da una notevole varietà e molteplicità di istituti, su tutti l’evocativo “condono tombale”.
Se a proposte di condono fiscale “light” nessuno può ormai permettersi il lusso di scandalizzarsi con sfoggio di virginale candore, perché rientrano sotto questo cappello le numerose “rottamazioni delle cartelle” che si sono succedute quasi ininterrottamente dal 2016 in avanti, con il consenso più o meno entusiastico e più o meno convinto di tutte le forze politiche che si sono succedute in maggioranza da allora, non vi è dubbio che l’estemporanea proposta di un “condono tombale”, oggi come oggi, renderebbe pienamente legittime, ancorché non necessariamente condivisibili a priori e a prescindere, reazioni sdegnate a livello sia politico che istituzionale.
Il punto, tuttavia, è capire se è di quello su cui si sta dibattendo. Perché, in verità, nemmeno nelle parole del Ministro Salvini si rinvengono ipotesi di “condono tombale” e quindi ciò su cui si sta dibattendo (o su cui si dovrebbe dibattere) è al più di un condono “medio” che, pur coinvolgendo anche le imposte dovute, risulti mirato solo a contribuenti che abbiano regolarmente dichiarato le imposte che poi non hanno versato, e comunque solo per debiti di importo non superiore a una soglia contenuta con debitori d’imposta soggetti che presentano una capacità reddituale, patrimoniale e finanziaria (realmente) limitata. Un dibattito su questo non dovrebbe svolgersi con gli stessi toni da stadio che sarebbero viceversa giustificati nel caso fosse stato agitato lo spettro di un condono tombale.
Anche perché, nell’istante in cui viene evidenziato, anche da importanti testate come il Corriere della Sera, che i piccoli debitori sono 11 milioni con debiti fino a mille euro ed altri 7 milioni con debiti fino a 10mila euro, ma nel complesso devono in tutto 40 miliardi di euro, ossia il 3,3% del totale, verrebbe da dire, allora, che è una proposta che, pur aiutando a rimettersi in regola ad una vera valanga di contribuenti, consente di non rinunciare a nemmeno un euro del restante 96,7% di dovuto.
La questione, insomma, fino a che rimane in questi termini, andrebbe affrontata su un piano eminentemente pratico, con uno studio di fattibilità e un’analisi costi/benefici per capire se e come procedere, togliendo di mezzo il perenne furore ideologico da una parte e il sopravvenuto terrore di risultare politicamente scorretti dall’altra.
L’articolo Condono sì, condono no: perché non spieghiamo su quale condono si dibatte? proviene da Il Riformista.