Parlando del suo rapporto con la scrittura teatrale alla redazione di Linkiesta Etc, lo sceneggiatore Tobia Rossi ha spiegato come l’ambiente internazionale da lui contemplato ed esplorato abbia ricoperto un ruolo di fondamentale importanza nel suo percorso artistico. Il panorama teatrale odierno, dall’America all’Europa, punta molto sui giovani drammaturghi. A prescindere dal Paese in cui ci si trova, la speranza è che la responsabilità di ogni spettatore rimanga la stessa: consentire che gli strumenti utili per farsi conoscere vengano forniti a qualsiasi scrittore teatrale pronto a spiccare il volo.
Per Tobia Rossi, che ha studiato con interesse i testi di Goldoni e Dario Fo e che cita Pirandello, fare il drammaturgo significa anche essere smart sotto ogni punto di vista. Tobia, in linea con il pensiero di David Foster Wallace, ha una concezione del teatro come un atto di appropriazione emotiva. A volte, la sua scrittura è riducibile a un mero atto di affermazione del proprio intelletto o di colui che mette sul tavolo il proprio valore personale, ma questo non sempre succede (o non risulta così stimolante).
Poi ci sono drammaturghi che intraprendono una strada più spigolosa, ma altrettanto fertile. Questi ultimi, agendo secondo lo spostamento del fulcro di un testo verso una direzione più introspettiva, sono in grado di aprire una conversazione fluida con lo spettatore, che – in virtù di quanto ha provato assistendo alla rappresentazione di scene allusive – non crea un distacco con la realtà sul palco, ma ci si avvicina quasi intimamente.
Questo è parte di ciò a cui aspira Tobia Rossi nella sua crescita come drammaturgo: risultati stimolanti, ma allo stesso tempo digressioni che procedono verso un interesse suo reale, senza preoccuparsi ossessivamente di un potenziale allontanamento parziale degli spettatori.
Nel 2021 ha fatto parte di un progetto chiamato “Abbecedario per un mondo nuovo”, condotto dal Piccolo Teatro. In tale occasione, ventisei drammaturghi hanno messo a confronto la propria scrittura, creando un podcast composto da “nuovi testi”. In questi racconti brevi, si immagina un futuro ipotetico in cui le persone oltrepassano i limiti che la quotidianità a volte impone sulle persone.
Quando Nascondino, l’ultimo testo scritto da Tobia, ha debuttato nel 2019, il risultato è stato un mix di emozione e commozione: «Ho avuto occasione di conoscere molti italiani che vivono all’estero e alcune delle loro storie mi sono servite come ispirazione», racconta. Il Premio Mario Fratti viene assegnato ogni anno e vuole promuovere la conoscenza del teatro italiano e degli artisti italiani tra gli spettatori di New York, costruendo un ponte tra le scene artistiche italiane e non. Sempre nel 2019, Tobia ha vinto questo importante riconoscimento.
Durante ciascuna edizione, ogni testo viene rielaborato e tradotto in inglese, rendendolo accessibile a un pubblico più vasto. Quello che ha debuttato nella primavera del 2022, in tournée in varie città italiane, riesce a dare forma a un concetto da non sottovalutare: solo chi riesce a esplorare tutte le sfaccettature delle relazioni umane ha l’occasione di conoscere (davvero) la realtà e avere un tornaconto personale.
Nascondino è una storia di intimità, al centro della quale ogni personaggio attraversa varie fasi emotive. E con queste ultime anche il corpo vede una nuova luna. Un corpo che, assieme all’anima, risulta tormentato da un’insopportabile sensazione di buco allo stomaco. Imbarazzo, vergogna e la rabbia di non poter essere sé stessi sono noie onnipresenti.
Il protagonista, Gio, Andrea Manuel Pagella, ha una cotta per un suo coetaneo, Mirko, che nella produzione italiana è interpretato da Luca Vernillo De Santis. La sua condizione, quella di adolescente smarrito, si amalgama in maniera vera con la narrazione che è di per sé effervescente, caotica, epica e struggente allo stesso tempo.
«Il mio è un lavoro sregolato, ma che regala tante soddisfazioni. Ed è un mestiere che individualmente può farti sentire molto bene in diverse fasi, ma a volte sa anche metterti in posizioni scomode, come ogni lavoro, solo che le tue aspettative come drammaturgo sono subito a confronto con il pubblico, che hanno una vista nitida e critica. Sanno cosa stanno guardando. Io voglio sempre migliorare la loro esperienza. A differenza di altri mezzi espressivi, il teatro sottolinea come lo stato d’animo di ciascuno di noi serva a introdurre a una nuova prospettiva sul mondo ogni volta», ci racconta.
L’inglesismo “burning the candle at both ends” è traducibile con “fare la stessa cosa dalla mattina alla sera”. Concettualmente è adattabile all’attività di Tobia come insegnante di drammaturgia. E proprio grazie alla sua onestà intellettuale e al suo amore patologico per questa disciplina che Tobia ce la sta facendo. Infatti, anche lui ammette che il successo di “Nascondino” è frutto di un duro lavoro costante guidato dalla passione.
A distanza di un anno dal debutto con il suo spettacolo, Rossi ha catturato l’attenzione di un pubblico rilevante, che attende le produzioni prossime all’uscita. Nel frattempo, la sua passione gli concede di insegnare drammaturgia presso vari enti pubblici e privati, scuole superiori e scuole di teatro, come la Torino Musical Academy: «Ai miei ragazzi insegno che sul palco si può arrivare allo spettatore in maniera sì condivisa, ma anche intima e personale. Non so bene cosa aspettarmi dal futuro. Vorrei scrivere dei musical e sto mettendo le basi per sviluppare alcuni progetti», conclude.