Oltre ai chili di troppo, all’incremento dei casi di ansia, depressione, diabete e ad altri effetti collaterali, la pandemia (o meglio, sindemia) da Sars-Cov2 ha anche lasciato – e questo prevalentemente tra ragazze adolescenti – un incremento di quei comportamenti caratterizzati dal tagliarsi la pelle, soprattutto braccia e gambe, con oggetti taglienti di varia natura. È il «Cutting», comportamento di autolesionismo «superficiale/moderato» (secondo la classificazione del DSM-5) episodico o abituale che, anche grazie ai social, può arrivare ad attivare fenomeni di emulazione diffondendosi come un’epidemia tra i più giovani.
Ogni essere umano è capace sin dalla nascita di usare il proprio corpo per comunicare: come un neonato riesce a esprimere i propri bisogni senza proferire parola, così molti adolescenti di oggi non usano le parole e continuano a usare le modificazioni della superficie della propria pelle (punto di contatto tra il me e il mondo) come un mezzo per reclamare il controllo del proprio corpo e per «segnalare» senza equivoci disagi potenziali e sofferenze interiori.
Ogni taglio degli adolescenti è uguale solo a se stesso e per cercare di comprenderlo bisogna decodificare la complessità rintracciandone i significati diversi che potrebbe assumere tanto in relazione all’individuo quanto al suo gruppo, cultura e ambiente di appartenenza e provenienza.
Quando mancano le parole viene meno la possibilità di verbalizzare le emozioni e di immagazzinarle nella memoria. Viene quindi meno la possibilità di essere narrazione. E allora la pelle diventa un diario su cui incidere le emozioni per costruire una memoria di sé e ritrovarle in futuro.
Certo è che maggiori sono le aree e il numero dei tagli, maggiore sarà la sofferenza sottostante: quel corpo che doveva garantire sicurezza diviene invece una pellicola avvolgente che conserva dolore e sofferenza al punto che può essere odiato, negato e attaccato (anche con azioni gravi) come fosse altro da sé. Tra le varie le funzioni che il Cutting può svolgere per gli adolescenti c’è anche quella che considera il tagliarsi come un modo per sottrarsi alla fisiologica passività adolescenziale, divenendo attivi grazie ad azioni volontarie e controllabili. In adolescenza, infatti, è il corpo a imporre le trasformazioni che il giovane subisce senza poterle controllare.
Ma, a ben considerare, in ogni fase e ad ogni età della vita il nostro corpo è soggetto a fisiologiche trasformazioni che ci rendono passivi rispetto al passare del tempo. Sebbene ci siano diverse abilità, anni di studio e di pratica clinica a distinguere le mani di un chirurgo plastico da quelle di un adolescente che impugna una lama affilata, va considerato se il fine non sia forse simile: un bisturi per opporsi alla passiva trasformazione dei corpi viventi nel tempo? Il Cutting degli adolescenti potrebbe essere la più giovane spia di una ben più diffusa e adulta incapacità contemporanea di tollerare la frustrazione della passività e il lutto per il corpo perduto al passare delle diverse fasi di vita Noi non siamo il corpo che abbiamo, noi siamo il corpo che siamo
L’articolo Che cos’è il Cutting, il comportamento di autolesionismo che può diffondersi tra i giovani come un’epidemia proviene da Il Riformista.