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Separazione delle carriere: è davvero giunto il momento?

DiRed Viper News Manager

Lug 15, 2023

Forse è la volta buona. La tanto attesa separazione delle carriere dei magistrati verrà «discussa in una riunione di governo prima della pausa estiva». Lo ha affermato ieri il ministro della Giustizia Carlo Nordio. «Spero che si inizi nel più breve tempo possibile. Sarebbe molto bello poter procedere con le riforme abbreviate della legge ordinaria, ma dal mio punto di vista per la separazione delle carriere occorre una revisione costituzionale», ha però puntualizzato Nordio, raffreddando inevitabilmente gli animi di coloro che si aspettavano un provvedimento approvato in tempi celeri dopo anni di interminabili discussioni.

La riforma della Costituzione prevede, infatti, procedure quanto mai lunghe e complesse. Ogni modifica della Carta deve essere votata da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e deve essere poi approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

Il tema, dunque, è quanto mai delicato. Secondo diversi giuristi già adesso si potrebbero separare le carriere dei magistrati senza dover andare così ad incidere sulla Costituzione. A supporto di tale orientamento vi è il comma 2 dell’articolo 101: «I giudici (e non i pm) sono soggetti solo alla legge».

Una norma a garanzia dei cittadini inserita dal Costituente per evitare che i giudici nella loro attività potessero subire condizionamenti da soggetti esterni. Problemi, però, potrebbero venire dal comma 3 dell’articolo 107: «I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni». Sposando una interpretazione ‘estensiva’, si potrebbe comunque intendere tale precetto come una disposizione di tipo amministrativo, finalizzata a dare pari dignità fra tutti i magistrati, in particolar modo per quanto concerne lo stipendio (a parità di anzianità di servizio, non cambia l’emolumento del procuratore e del sostituto).

Ma che non si siano preclusioni nella Carta ad una separazione delle carriere magistrati emerge chiaramente, fanno notare, dal comma 2 dell’articolo 111: «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale». Lo ‘scrupolo’ di Nordio, in altre parole, sarebbe eccessivo. Per stroncare ogni tentativo di riforma, l’Associazione nazionale magistrati, da sempre contraria alla separazione delle carriere, è già pronta a giocare la carta dell’unicità della giurisdizione.

I fautori della carriera unica ripetono che il pm, essendo un magistrato, svolge accertamenti anche a favore dell’imputato. Per dimostrare ciò, citano l’articolo 358 del codice di procedura penale: «Il pm svolge accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini». L’esperienza insegna il contrario dal momento che tale disposizione è puntualmente disapplicata nella prassi, anche perché non prevede alcuna sanzione nei confronti del pm inadempiente, quello che indaga a «senso unico».

Oltre all’asserita incostituzionalità, l’Anm spinge sullo spauracchio del condizionamento politico. Se ci fosse la separazione delle carriere, il pm finirebbe sotto il controllo dell’esecutivo, con conseguenti abusi di ogni tipo, dando così per scontato che, inserito in un diverso assetto ordinamentale, egli commetterebbe illeciti di ogni genere.

L’Italia, è bene ricordarlo, è l’unico Paese nel mondo occidentale dove pur con un processo penale di tipo accusatorio il pm e giudice fanno la stessa carriera. «Sapete qual è la vera separazione delle carriere che voglio? Quella tra magistrati bravi che devono andare avanti e che meritano rispettano e magistrati ideologici che non possono fare danni al nostro Paese», ha dichiarato Matteo Renzi. «Io lotto perché ci sia il merito dentro la magistratura. E se devo pagare un prezzo personale, lo pago a testa alta. Ma non chiedetemi di diventare un codardo o un ipocrita. Non lo sono mai stato fino ad oggi, non inizierò adesso», ha quindi aggiunto Renzi, spiazzando un po’ tutti.

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