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L’11 luglio del 2023 lo street artist italiano Jorit – il cui vero nome è Ciro Cerullo – ha annunciato sul proprio profilo Instagram di aver completato un murale su un palazzo bombardato di Mariupol, la città ucraina sotto occupazione dai russi

L’opera raffigura una bambina con negli occhi i colori della bandiera della sedicente Repubblica popolare del Donec’k, mentre alle sue spalle piovono bombe con la scritta “NATO”. In basso a sinistra compare anche un simbolo antifascista con le caratteristiche bandiere nera e rossa.

Nel post di accompagnamento, Jorit ha scritto che “la resistenza che avremmo dovuto appoggiare è quella del popolo del Donbas che lotta da 8 anni per liberarsi” dal “regime di Kiev”, che per lo street artist “di democratico oramai non aveva più niente”.

In sostanza, il murales e il messaggio che sta dietro ripropongono pedissequamente i più triti tormentoni della propaganda russa, che Andrea Braschayko ha recentemente smontato su Valigia Blu.

Ovviamente, non è la prima volta che Jorit esprime posizioni che ricalcano quelle espresse da una certa area della sinistra italiana. Ma un conto è farlo in un salotto televisivo in Italia; tutt’altro farlo in una delle città ucraine più martoriate dall’aggressione militare russa, evidentemente con l’approvazione delle forze di occupazione.

Se da un lato c’è chi ha difeso e ringraziato lo street artist per il suo “coraggio”, come l’ex deputato del M5S Alessandro Di Battista o il giornalista Luca Telese, dall’altro lato molte persone hanno sottolineato sui social l’assoluta inopportunità di fare un murales di quel tipo in una situazione del genere.

Anzitutto, c’è un dato di fatto incontrovertibile: dal 24 febbraio 2022 a oggi le uniche bombe cadute sulle città non sono di certo quelle delle “NATO”, ma quelle russe.

In secondo luogo, prima dell’invasione esisteva già un murales dedicato a una bambina ucraina di Mariupol: Milana Abdurashytova.

Nel gennaio del 2015 era stata colpita da un attacco missilistico delle forze separatiste filorusse, perdendo la madre e una gamba. Tre anni dopo, per ricordare la sua vicenda, lo street artist Sasha Korban le ha dedicato un murale sulla facciata di un palazzo su Prospekt Myru.

Tuttavia, dopo l’occupazione i russi hanno coperto l’opera. Per l’amministrazione ucraina – e dunque legittima – di Mariupol, gli occupanti “stanno cercando di eliminare la tragedia del 2015 dalla memoria dei residenti della città”.

Nella giornata del 15 luglio 2023 è poi emersa un’altra questione a dir poco controversa, legata all’identità della bambina ritratta da Jorit.

In un’intervista all’emittente radiofonica Giornale Radio, lo street artist italiano ha spiegato di aver dipinto “una bambina viva del Donbas che a Mariupol ha vissuto i suoi primi anni immersa nella guerra”. Lo stesso si è augurato che “presto questa bambina possa vedere il suo ritratto dal vivo”. Non ha però specificato il nome, né fornito altri dettagli per renderla riconoscibile.

Su Twitter, diversi utenti hanno notato un’incredibile somiglianza con una foto comparsa nel 2018 sulla copertina di Capture, una rivista australiana specializzata in fotografia.

L’autrice dello scatto è la fotografa Helen Whittle, e il soggetto sua figlia. Nella didascalia della foto, Whittle spiega che la bambina era imbronciata perché non aveva trovato il latte nel frigorifero. La guerra, insomma, non c’entra assolutamente nulla.

In una storia pubblicata su Instagram nel pomeriggio del 15 luglio, Jorit ha smentito l’ipotesi del plagio indicando la foto di un’altra bambina di nome “Nastya”, esposta per le strade di Mosca insieme a quelle di “altri bambini del Donbas” e delle “loro storie che nessuno ha mai voluto raccontare”.

Ma per Whittle non ci sono dubbi: quella è la sua fotografia, ed è stata copiata.

In un breve comunicato diffuso sui social, la fotografa ha spiegato di “non essere stata contattata dall’artista” e di “non aver dato alcun permesso di utilizzare l’immagine”. In più, ha precisato, “i miei pensieri e le mie opinioni non hanno nulla a che fare con quelle dell’artista”.

In una conversazione con Fanpage, Whittle è stata ancora più dura: “Sembra che l’ispirazione la trovi copiando immagini trovate su internet. È stato per me angosciante e doloroso vedere la mia immagine copiata e utilizzata in questo modo”. La fotografa ha poi fatto sapere di star “chiedendo consiglio ai miei legali sul da farsi”.

E nel farlo, come denuncia Whittle, ha pure stravolto l’immagine di una bambina che con la guerra non c’entra assolutamente nulla.

Articolo proveniente da Valigia Blu