Lo scenario dipinto dall’Istat nel suo rapporto annuale pubblicato pochi giorni fa è tutt’altro che rassicurante: l’Italia non è un Paese per Giovani. O, meglio, non è il paese dei Giovani. Vediamo qualche statistica, con pazienza e con calma, perché davanti a numeri così impietosi è difficile vedere un futuro reale per questo Paese.
Partiamo dal numero più semplice: questi Giovani, quanti sono? Pochi, e saranno sempre meno. Il 2022 segna l’anno con meno nascite di sempre per l’Italia (solo 393mila nuovi nati, degno finale di un calo iniziato nel 2008, quando si erano registrate oltre mezzo milione di nascite). Stiamo invecchiando (in Italia non ci sono mai stati così tanti ultracentenari come oggi), stiamo invecchiando bene (tutte le statistiche sulla terza età lo affermano, dagli accessi a Internet e ai servizi al tasso di scolarizzazione e solitudine), ma stiamo perdendo la linfa di chi, la popolazione più anziana, sarà destinata a supportare.
Però, anche se sono pochi, questi Giovani staranno sicuramente meglio. Sbagliato.
Lo stesso istituto di ricerca evidenzia che la metà dei Giovani tra i 18 e i 34 anni sia in una condizione di deprivazione. Ovvero, come la metà dei Giovani non abbia ancora raggiunto quei fattori che contribuiscono alla creazione del benessere: partecipazione al mercato del lavoro o a percorsi di istruzione ed educazione, salute fisica e mentale, accesso ai servizi essenziali e benessere soggettivo. E chi sta peggio? I più Giovani: stringendo il target ai Giovani tra i 18 e i 24 anni, si osserva un quadro in cui gli effetti della pandemia sono ancora forti e in cui la vulnerabilità è purtroppo ancora alta. Qual è l’effetto di questi dati? Sempre l’Istat ci viene in soccorso con un altro dato: quasi un terzo degli adulti che oggi si trova a rischio povertà proviene da famiglie che, quando avevano 14 anni, erano in cattive condizioni, ovvero in uno stato di deprivazione. Ora, se i Giovani che oggi si trovano così non calano ma anzi aumentano, non solo in futuro saremo sempre più anziani ma anche sempre più poveri.
Ok, il quadro non è bellissimo. Però forse i Giovani possono avere oggi più opportunità lavorative. Sbagliato anche questo.
Tra il 2004 e il 2022 la quota di occupati Giovani è diminuita dell’11%; il tasso di occupazione al 22,6 per cento pone l’Italia in fondo alla classifica europea, e molto lontana da Paesi come Francia e Germania, i cui tassi sono stabilmente sopra il 30%. Ma non solo lavorano in pochi, chi lavora lo fa anche con una precarietà che le precedenti generazioni non hanno mai conosciuto: la metà di loro ha contratti a termine o part time, con ovvi impatti sulla stabilità economica e le prospettive future per la propria crescita.
Va bene, anche chi lavora non sta benissimo: ma sarà perché sono tutti concentrati a studiare. Sbagliato, ancora.
L’Italia è uno dei Paesi europei con il tasso di abbandono scolastico più alto d’Europa, pari all’11,5%. Questo significa che un giovane su 10 che poi cercherà lavoro e autonomia rischia di presentarsi senza le nozioni di base o senza la possibilità di fare percorsi di crescita.
Però non guardiamo solo il bicchiere mezzo vuoto: tanti Giovani si laureano brillantemente. Verissimo: il problema è che quella brillantezza è portata all’estero. Tra il 2020 e il 2021 abbiamo perso circa 83mila Giovani laureati che hanno scelto di andare all’estero e restarci; parliamo di ragazzi che vanno all’estero non per un’esperienza temporanea, che anzi è arricchente, formativa e spesso necessaria, ma di talenti che hanno trovato fuori dall’Italia il loro posto.
Va bene, il quadro non è roseo, ma indubbiamente i Giovani di oggi hanno possibilità infinite, cose che le generazioni precedenti non hanno avuto: magari il contesto è un po’ più complesso, ma staranno sicuramente meglio. Sbagliato anche questo.
Secondo il report Benessere equo e sostenibile pubblicato sempre dall’Istat, nel 2021 oltre il 6% degli adolescenti si è dichiarato infelice e insoddisfatto; insoddisfazione che è tangibile nelle relazioni con gli amici, colonna portante dello sviluppo di un adolescente.
Non fermiamoci qua: potremmo snocciolare i dati sui Neet, di cui abbiamo già parlato, del livello dei salari dei Giovani occupati, sulle differenze tra Nord e Sud che vede i Giovani di quest’area in fondo a ogni classifica, sul numero di imprese giovanili in calo continuo negli ultimi dieci anni, su un’edilizia scolastica ferma al Dopoguerra e tanto altro.
Stiamo diventando un Paese anziano, sempre meno attrattivo per i Giovani e sempre meno ricco di opportunità per loro.
Per questo affrontare il PNRR con decisione e senza tentennamenti è una necessità e non può essere ridotto a un’arma di negoziazione politica. Per questo l’investimento sulle nuove generazioni deve tornare al centro del dibattito quotidiano, ma discutendo di priorità e azioni, non della sua possibilità o del rischio di non ricevere i fondi destinati all’Italia. Per questo assicurare condizioni migliori a chi giovane è oggi e lo sarà tra qualche anno dev’essere un’urgenza.
Siamo in un momento storico in cui tutto sta cambiando. Dal mercato del lavoro alle tecnologie, dai valori fondanti di molte comunità al calo demografico, dai motivi per cui un ragazzo cerca un futuro altrove alle politiche di sostegno per la natalità: tutto sta cambiando. E in un contesto come questo non possiamo non occuparci in maniera decisa di chi oggi è giovane.
E lo possiamo, dobbiamo fare, affiancando alle politiche sociali ed economiche anche la voglia e la necessità di ascolto e di rendere i ragazzi di oggi davvero protagonisti dei loro tempi. Perché si possono fare tutte le politiche e i decreti del mondo, e rendere l’Italia un Paese attrattivo e migliore per adolescenti e Giovani: ma il vero atto di coraggio e di rottura verso il passato è permettere loro di riprendersi lo spazio che meritano, di avere un impatto concreto sulla loro vita e su quella dell’Italia. E non ci potranno essere decreti o report che lo imporranno: dare fiducia, dare spazi, è un atto di fiducia spontaneo ma necessario.
Perché, semplicemente, agire per i Giovani oggi significa agire per il futuro di questo Paese.
L’articolo Agire per i giovani è l’investimento giusto per l’Italia: lo dicono i dati Istat proviene da Il Riformista.