L’obiettivo è ottimo. È anche necessario. Noi tutti abbiamo un colossale problema col clima, le temperature di questi giorni ne sono la prova più tangibile e solo qualche negazionista può ritenere che non siano anche conseguenza delle attività dell’uomo i segnali che la Terra ci sta inviando.
Ma, eccome se c’è un ma. Pensare di “riparare”, o “rammendare” – come avrebbe detto Renzo Piano – i danni che l’uomo ha fatto alla terra, per provare così a fermare la degradazione degli habitat nei quali viviamo, è un obiettivo ottimo e necessario, ma a quale costo è sostenibile? Perché è inevitabile che la transizione ecologica vada coniugata con quella economica e sociale: se non è così, chi è in grado di sostenerla

Il regolamento che va in votazione oggi al Parlamento Europeo, il cosiddetto “Nature Restoration Law” (legge per il ripristino della natura), pone questi problemi di fondo. Sul merito ci sarebbe tanto da dire. Intanto perché è un regolamento e non una direttiva e come tale porrebbe limiti stringenti agli Stati membri, senza lasciare spazio alle legittime specificità nazionali. Poi perché non ha strumenti finanziari specifici. Inoltre, si pone obiettivi più ottimistici (e quindi, più difficili da raggiungere) rispetto a quelli dell’agenda di Montreal. Un esempio? La contestatissima riduzione del 10% delle aree agricole coltivabili che diventerebbe nei fatti un obbligo per le aziende agricole e, a cascata, per i consumatori finali, già martoriati da significativi aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari. Ancora, alcune delle “misure di ripristino”, come la richiesta di rimuovere argini e dighe ai fiumi, di aumentare nelle foreste “la quantità di legno morto” o di “abbandonare l’aratura dei prati” sono considerate troppo ideologiche.

Infine, che è il classico last but not least, la legge domani al voto dell’aula è diventata il classico “feticcio” per una politica europea che tende a polarizzarsi, dove da un lato ci sono verdi e socialisti che gridano allo scandalo chiunque metta in dubbio anche solo una riga della proposta, dall’altro ci sono le destre negazioniste del cambiamento climatico che soffiano contro l’Europa che vuole schiacciare le sovranità nazionali. E, non alleate a queste ultime, le potenti associazioni degli agricoltori ma anche partiti – come quello degli agricoltori olandese che recentemente ha vinto le elezioni amministrative e la maggioranza al Senato – che così di destra non sono, ma che sono sicuramente contro questa legge.

Nel mezzo due gruppi politici. Il Partito Popolare di centro-destra che sente il fiato sul collo in molti Paesi della concorrenza dei partiti di destra e che ha però al suo interno la Presidente della Commissione, quella Ursula Von Der Leyen che del Green Deal – pur con la moderazione di chi ha una cultura cristiano-democratica – ha fatto una sua bandiera. E Renew Europe, che cercherà fino alla mattinata di oggi, quando l’aula sarà chiamata al voto, una mediazione in extremis per salvare il testo ammorbidendolo. Facendo politica, in sostanza.

Insomma, ci sono tutti gli elementi per una tempesta perfetta in salsa bruxellese: un voto risicato per il sì al regolamento regalerà argomenti alle destre negazioniste ed anti Europa, un no darà fiato a quella sinistra che sull’ambiente ha un approccio ideologico, avulso dalla realtà e che però parla alle giovani generazioni giustamente preoccupate del loro futuro.

Il personaggio chiave di tutto questo è l’olandese Frans Timmermans, Commissario europeo per il clima e il Green Deal europeo, già Spitzenkandidat (candidato presidente) dei socialisti per le elezioni del 2019. “L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno – ci dichiara ad esempio l’europarlamentare Nicola Danti, che voterà per il no al regolamento – è uno scontro sinistra-destra sul ripristino della natura. Se passasse questa impostazione, e purtroppo una certa sinistra ormai sembra proprio voler questo, regaliamo un assist incredibile alla propaganda della destra. Per questo la scelta del Commissario Timmermans di andare avanti in un muro contro muro, senza raccogliere la richiesta di tempo che è venuta da più parti, è incomprensibile e sbagliata”.

Una tempesta perfetta preannunciata, insomma. Che si poteva e si doveva evitare. Con un po’ di politica in più.

L’articolo Frans, ora basta: la tempesta perfetta sul Green Deal firmata Timmermans proviene da Il Riformista.