Qualche sinistra coincidenza e qualche errore. Questa mi pare la diagnosi sull’ultimo mese di Governo. Santanchè, Delmastro, La Russa papà per il tramite di suo figlio (posso dire che trovo grave che siano su tutti i giornali le chat whatsapp evidentemente in possesso solo del difensore della ragazza denunciante, in cui un ragazzo è accusato, non si sa bene sulla base di che, di aver drogato un’altra ragazza Non sarebbe meglio che di questa vicenda si occupasse, in silenzio, solo la giustizia, evitandoci l’ennesimo processo mediatico utile solo a tentare di sfregiare un padre utilizzandone il figlio? Vale per La Russa come per Grillo, sia chiaro): è palese che il Governo sia un po’ nel mirino.
Ma la maggioranza ci mette del suo. Daniela Santanchè ha commesso un errore, secondo me, a riferire in Parlamento per un servizio televisivo. Se una trasmissione ti attacca raccattando quattro testimonianze, al massimo le chiedi di fare un’intervista di chiarimento, non vai in aula a risponderle. Siccome però non è stata idea sua, ma ha dovuto acconciarsi alle richieste della sua maggioranza, si è difesa col consueto coraggio mentre la coalizione ha dato prova complessiva di debolezza nell’imporle di riferire e di frammentarietà nella difesa (vedi anche il piccolo incidente diplomatico con pezzi di Forza Italia e Lega che hanno sorretto la richiesta di chiarimento in aula).
Timidezza anche verso Andrea Delmastro, per cui un gip ha scomodato una imputazione coatta (che, a beneficio di qualche senatore, non vuole dire ‘cafona’, ma ‘imposta’) a fronte di una richiesta di archiviazione avanzata da un Pm severo come Paolo Ielo. Queste vicende, corredate dall’annuncio (per me scandaloso) dall’iscrizione della stessa Santanchè un minuto dopo aver smesso di parlare in aula, restituiscono alla Premier Giorgia Meloni una sensazione di accerchiamento e la cui fotografia è stata affidata sostanzialmente a dei retroscena giornalistici e a una nota.
Ma a metterci la faccia davvero sono stati in pochi. Il che riflette lo stato di cose, direi figlio della concorrenza, nella coalizione di maggioranza. Dove la Lega ha ritrovato attivismo con Matteo Salvini in cerca di nuova profilazione come uomo del fare per un’Italia dei sì, e più a destra, tanto che non difende più di tanto l’operato del governo sull’immigrazione, e in Europa riafferma la sua collocazione e alleanza con la Le Pen criticata da Tajani. Il quale a sua volta attende di essere incoronato sabato prossimo Presidente di Forza Italia ma registra la difficoltà di tenere compatto un partito che, trovatosi orfano di Silvio Berlusconi, è già da un po’ di tempo a corto di idee e capacità comunicativa (specie in televisione, dove nessuno ‘buca’ e riesce ad arrivare all’elettorato, non riuscendo così a guadagnarsi una posizione di visibilità sulla scena politica), si muove scompostamente persino per celebrare la messa in ricordo del Presidente Berlusconi nel giorno del trigesimo della sua morte.
Ma aldilà dei rapporti tra partiti di maggioranza, figli della prossima competizione europea con voto proporzionale, sono le vicende giudiziarie scatenate contro alcuni suoi esponenti a scatenare la canizza non appena ‘fonti di Palazzo Chigi’ si sono chieste retoricamente se una parte della magistratura voglia fare opposizione al governo (certo che sì, e come sempre, aggiungerei). Perchè cristallizzano un errore politico del centrodestra: la riforma della Giustizia andava portata prima, e corredata della separazione delle carriere. Una volta depositata, qualunque iniziativa come quelle di questi giorni sarebbe risultata ritorsiva e costretto il centrodestra a un compattamento obbligato. Ora può sembrare il contrario. In politica, a differenza della matematica, cambiando l’ordine degli addendi cambia anche il risultato.
E sullo sfondo restano le questioni serie. Quelle da risolvere secondo il principio: “Non disturbare chi vuole fare cose in Italia” (aggiungerei addirittura: “Favorirlo”). Che significa tagliare la spesa pubblica raddoppiata negli ultimi dieci anni e un secondo dopo le tasse, per difendersi dall’inflazione e creare nuovi posti di lavoro più ricchi se si sarà in grado di trovare risorse per tagliare anche le tasse sul lavoro che sono state sforbiciate ma solo fino a Natale. E poi aggredire la burocrazia
Non c’è niente di nuovo sul fronte di un’Italia più facile, che consenta a chi vuole avviare un’attività di non dovere attendere mesi, addirittura anni, e spendere i relativi soldi, per avere completo il bouquet di autorizzazioni e permessi richiesti per fare qualunque cosa. Mai come oggi, dunque, la miglior difesa è fatturare politicamente. Cioè fare le cose nel segno di più libertà, e meno Stato. Su questo ci sarà compattezza
L’articolo Giorgia, pensa alle tasse e lascia stare i complotti proviene da Il Riformista.