C’è stato un punto in cui la ‘fantapolitica’ era sul punto di diventare realtà, una sorta di Sliding Doors, il film in cui la protagonista poteva prendere o perdere la metropolitana, dando vita a due esiti completamente diversi della storia. In questa Sliding Doors nostrana bisogna tornare indietro con l’orologio: siamo a maggio dello scorso anno, prima dell’imprevedibile strappo di Conte che portò alla fine dell’esperienza Draghi e alle elezioni anticipate di settembre.

I partiti si stanno comunque cominciando a scaldare per consultazioni che si sarebbero dovute tenere nella primavera successiva. Nell’aria c’è già il vento favorevole per Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia è l’unico partito all’opposizione dell’ex governatore ed il Pd ha il ‘fiatone’. In Transatlantico inizia a circolare la voce che Beppe Sala ha deciso di affrontare risolutamente il nervo scoperto del centrosinistra: le alleanze.

Il sindaco di Milano in effetti fa alcuni incontri ed informa la stampa. L’idea è quella di tenere insieme un’area moderata ed ecologista (in pratica il terzo polo, i moderati del Pd, Giuliano Pisapia ed i verdi) partendo proprio dal modello che utilizzò per la sua giunta, senza esponenti 5 Stelle. Il sogno del primo cittadino più popolare d’Italia era a buon punto, e coinvolgeva anche l’area riformista del Pd che intravedeva in prospettiva la ‘mannaia’ di Enrico Letta e voleva salvarsi preventivamente dal massacro.

Poi, è noto, la storia andò in un’altra direzione, il leader 5 stelle usò l’excamotage del termovalorizzatore di Roma per regolare i conti con il suo odiato successore, ed il progetto del sindaco di Milano che aveva bisogno di tempo per realizzarsi, andò in frantumi. La scalata del governatore più popolare d’Italia, cominciò qualche mese dopo (anche se Stefano Bonaccini aveva cominciato a lavorarci il giorno dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti).

Siamo all’indomani del 25 settembre, Letta ha perso rovinosamente le elezioni, l’alleanza con la sinistra di Fratoianni ha un esito fallimentare, il presidente dell’Emilia Romagna sente di avere le chiavi del Nazareno in tasca, senza calcolare (e senza contrastare) il dissennato tramonto del segretario Pd dimezzato. Che non si dimette e tiene il partito nel pantano fino a dopo Natale.

Comincia il nuovo anno e Bonaccini continua ad avere la stessa sicumera, prima convinto che la sua ex vicepresidente non se la sentisse di sfidarlo, poi semplicemente sottovalutandola. Così anche l’emiliano diventò, dopo Mariotto Segni, l’uomo che aveva il biglietto vincente della lotteria e lo perse per strada. La presunzione di aver già vinto, ed una campagna per le primarie tutta in difesa, portarono inevitabilmente il leader di ‘Energia Popolare’ alla sconfitta di misura del 25 febbraio, contro ‘l’aliena Elly Schlein’, quella che ‘nessuno vide arrivare’.

Come è evidente, c’è stato un punto di incontro, tra le due opzioni, quella di Beppe Sala che avrebbe voluto tenere insieme Renzi, Calenda e Guerini, con una spruzzata di verde, e quella del Presidente dell’Emilia Romagna, segretario riformista del Nazareno, che per dirla con il titolo di una pellicola di Massimo Troisi, Pensavo fosse amore ed invece era un calesse. Insomma un vero e proprio “E se invece”, che poteva terremotare la geografia politica del Paese.

Un’amara ironia del destino, quell’annuale classifica di Noto per Il Sole 24 ore, in cui il ‘dream tickets’ è di nuovo affiancato rispettivamente come miglior primo cittadino e miglior Presidente di Regione. D’altra parte nel sequel del film di Peter Howitt, quello mai girato, Beppe e Stefano alla fine persero la metropolitana.

L’articolo Bonaccini e Sala: i più amati dagli italiani ma bocciati dai loro partiti. Perché? proviene da Il Riformista.