Secondo Maurizio Landini «Il salario minimo orario legale deve essere parte di un intervento legislativo che dà valore generale ai contratti nazionali per tutti, in tutti i settori e per tutti i lavoratori, autonomi inclusi».E il governo «non pensi di risolvere l’emergenza dei salari più bassi d’Europa solo con il taglio del cuneo o inventandosi gabbie salariali». In una lunga intervista a Repubblica, il segretario generale della Cgil chiede di applicare gli articoli 36 e 39 della Costituzione italiana, approvando una legge che «misuri la rappresentanza e assegni i diritti ai lavoratori di votare gli accordi che li riguardano ed estenda erga omnes i contratti nazionali. Nei contratti non c’è solo il trattamento economico minimo. Ma quello complessivo. Significa diritti: tredicesima, maternità, ferie, malattia, infortuni, welfare. 

Per Landini il vero problema è il tema dei  contratti di lavoro precari: «Siamo passati in pochi anni da duecento a mille contratti nazionali, di cui ottocento pirata. Il lavoro povero nasce qui. Se siamo il Paese con i salari più bassi d’Europa e i contratti scaduti da anni è anche perché non esistono penalità per le imprese che non li rinnovano e dilaga il part-time involontario, le finte partite Iva, il lavoro a chiamata e intermittente. Penso che non sia più accettabile. Dare validità ai contratti nazionali è la strada principale. Non è la legge che stabilisce i salari. Ma è utile indicare un livello minimo orario sotto cui è indecente scendere».

Per Landini il governo Meloni ha ampliato la precarietà, liberalizzando i contratti a termine e ampliando l’uso dei voucher: «Procede con bonus e incentivi a pioggia alle imprese, ma non servono se non sono selettivi. Un’impresa se ha bisogno assume, visto il bisogno che c’è di competenze. Temo invece tagli su scuola, sanità, servizi pubblici. Deve essere chiaro poi che il solo taglio del cuneo non risolve il problema dei salario. E non basta tagliare il cuneo contributivo. Le risorse si trovano facendo una riforma fiscale seria che non tratti lavoratori e pensionati come un bancomat. Ma il governo è tornato indietro su tutto: la tassa sugli extraprofitti, il subappalto a cascata, i contratti a tempo. Mentre sia le imprese industriali che del turismo aumentano i loro profitti. E con i sindacati si limita a convocare tavoli di discussione finti, senza affrontare i nodi strutturali».

Di tutt’altro parere Massimo Temussi, ex consulente della ministra del Lavoro Marina Calderone da pochi mesi presidente e amministratore delegato dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro (Anpal): «Il tema del lavoro povero è serissimo, ma non si risolve per decreto con il salario minimo o con l’assistenzialismo come si è fatto con il reddito di cittadinanza. Al di là del fatto che il livello delle retribuzioni in Italia è sopra la soglia decisa dall’Ue, io sono contrario. Prendiamo il caso dell’Inghilterra: il salario minimo è riuscito nell’obiettivo di togliere un po’ di persone dalla povertà, ma non ha dato buoni risultati sul fronte dell’occupazione»», spiega in una intervista a La Stampa. 

Secondo Temussi serve «una contrattazione vera, complessiva. Magari con decreti ad hoc per i settori più a rischio di dumping salariale», ma il problema è un altro: il nuovo approccio al lavoro dei giovani, soprattutto dopo la pandemia: «Preferiscono contratti flessibili, ma con più spazi liberi e con ritmi ben diversi da quelli richiesti da un ristorante o un bar. È un cambio di mentalità, come dimostra anche la fuga dal posto fisso nella pubblica amministrazione al Sud. Poi in alcuni casi il tema della retribuzione incide. La prima cosa che viene chiesta dai ragazzi nella maggior parte dei colloqui? La quantità di giorni di ferie e smart working».

Articolo proveniente da Linkiesta