Un classico che a lei va benissimo: scappare all’estero mentre in Italia montano polemiche su polemiche proprio sul suo partito e sul suo governo. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha l’ottima opportunità di volare a Vilnius per l’importante vertice Nato (martedì e mercoledì), un appuntamento nel quale lei non avrà nessun ruolo particolare, visto che su cose enormi come l’ingresso della Svezia e dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica e relative gigantesche polemiche voce in capitolo ce l’hanno Biden, Erdogan, Macron, cosa vuoi che conti la parola della premier italiana.

Però questo vertice nella lontana Lituania cade a fagiolo, come si dice. Consente di mettere un bel po’ di chilometri tra sé e le magagne che si susseguono come gocce cinesi sul governo, oltre che su Fratelli d’Italia, uno stillicidio di errori che si tirano come le ciliegie.

Ieri un’altra gaffe di Eugenia Roccella, nuovamente fischiata – ma stavolta se l’è proprio cercata – dopo aver imbastito uno sconcertante parallelo tra la vicenda di Enzo Tortora e il caso Santanchè, davvero un funambolismo sul filo delle sciocchezze e anche della scorrettezza, poiché accostare una tragedia di un innocente a una vicenda ancora tutta da vedere è del tutto fuori luogo. Per non farsi mancare niente, poi la ministra ha difeso Ignazio La Russa, giustificando l’esternazione del «padre dell’eventuale indagato», cioè Leonardo Apache, la cui vicenda continua ad alimentare polemiche di tutti i tipi.

Dunque sembra ormai assodato che ovunque vadano i dirigenti della destra siano destinati a incappare in un incidente, da Donzelli a Delmastro, da Lollobrigida a Rampelli, dalla Santanchè alla Roccella, per tacere del presidente del Senato, in questi mesi è stato un festival delle gaffe, o peggio. Ci si mettono pure i ministri: battistrada fu Matteo Piantedosi, ma negli ultimi giorni, oltre Roccella, ha brillato Gennaro Sangiuliano reo confesso di non aver letto i romanzi del Premio Strega pur essendo membro della giuria.

Giorgia Meloni evidentemente non può imporre il silenzio a tutta questa gente, essendo tecnicamente impossibile dato che questi qua sono tutti i giorni in televisione, e ora ci si rende conto che il problema non era solo e tanto Mario Sechi ma proprio l’inaffidabilità del gruppo dirigente post-missino (non deve essere un caso se da questo verminaio dialettico stia uscendo indenne il solo Guido Crosetto, un non ex missino). Resta il fatto che dopo Sechi (per ora non rimpiazzato, forse le quotazioni di Daniele Capezzone sono in ribasso) le cose sono semmai peggiorate.

Con tutti i problemi reali che ci sono, a partire dalla permanente inerzia sul Pnrr, per finire alla guerra con la magistratura passando per il sostanziale fallimento dell’autonomia differenziata di Calderoli, Meloni non può reggere lo stress di un incidente al giorno. La presidente del Consiglio ha rimesso su il broncio, fuma decine di sigarette, sta perdendo la forma e il piglio di qualche mese fa.

Forse si sente un po’ sola, sente che gli amici del suo “giro” non la seguono: non nel senso che stiano complottando contro di lei – Carlo Calenda lo ha detto per paradosso – ma nel senso che non sono all’altezza dei ruoli che sono stati chiamati a ricoprire. Meglio una innocua scappata a Vilnius, anche se breve, troppo breve. Poi si vedrà.

Articolo proveniente da Linkiesta