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Francia, è il momento della conta dei danni. Il Presidente Macron: “Picco passato”

In quella che sembra una prima fase di normalità dopo le violenze esplose con l’uccisione di Nahel, a Nanterre, il presidente francese Emmanuel Macron predica calma. Dopo avere riunito all’Eliseo i sindaci dei comuni colpiti dalle rivolte, il capo dello Stato si è detto “prudente”, pur considerando passato il “picco” della protesta. Un segnale di normalità in una Francia che appare ancora decisamente scossa da quanto accaduto in questi giorni, e che continua a fare la conta di danni, feriti e persone fermate negli scontri che hanno sconvolto tutto il Paese. Nell’ultimo bollettino di ieri del ministero dell’Interno, i numeri hanno fornito un quadro drammatico.

Dall’inizio della guerriglia fino alla notte tra il 3 e il 4 luglio, le persone fermate dalle forze dell’ordine sono state 3.468. In pochi giorni, si sono registrati più di 800 feriti tra i membri delle forze dell’ordine, mentre sono stati circa 260 le stazioni di polizia e i commissariati presi d’assalto dai facinorosi. Gli incendi appiccati nel Paese sono stati migliaia: più di 5800 i veicoli incendiati e 1100 gli edifici. I danni economici sono ingenti, e preoccupano tanto lo Stato quanto i privati cittadini e gli imprenditori. Dopo la guerriglia di queste notti di follia, solo l’autorità dei trasporti dell’Ile-de-France ha calcolato che i danni ammontano a 20 milioni di euro.

Gli imprenditori francesi parlano di almeno un miliardo di euro di danni per le aziende e gli esercizi commerciali, con centinaia di negozi, locali e banche saccheggiati e devastati. A tutto questo, si deve poi aggiungere il danno di immagine, certo non quantificabile a livello monetario ma estremamente importante per una nazione in cui il turismo è un asset economico non secondario. Basti pensare che la Francia ospiterà i mondiali di rugby in autunno e le Olimpiadi di Parigi nel 2024. Due eventi di rilevanza internazionale in cui di certo incide l’immagine di rivolte che per più notti hanno messo in pericolo l’intero Paese e messo a nudo le difficoltà nel mantenimento dell’ordine pubblico. I numeri e le fotografie di questi giorni, del resto, sembrano uscire da un bollettino di guerra. E in effetti quello che ha vissuto la Francia in questi giorni può essere assimilabile alle conseguenze di una guerra-lampo civile. Questo vale non solo per le conseguenze fisiche delle violenze, ma anche per gli effetti politici scatenati dall’onda di rabbia che ha travolto il Paese. La sinistra radicale, in particolare quella guidata da Jean-Luc Mélenchon, ha continuato a chiedere la condanna dei sindacati di polizia che, a suo dire, sarebbero assimilabili all’estrema destra.

E sempre il leader de La France Insoumise ha accusato Macron di non conoscere la situazione delle banlieue, dicendo di provare “disgusto” per le parole del capo dello Stato che esortava i genitori a fermare i figli scesi in strada. Da destra, il tribuno Eric Zemmour continua a lanciare proposte su Twitter. Una affinché i minorenni senza cittadinanza francese fermati durante le rivolte perdano i requisiti per ottenere lo status di cittadino d’Oltralpe. Un’altra per far pagare i danni direttamente ai rivoltosi o alle loro famiglie, costringerli a lavori socialmente utili ed espellere gli stranieri coinvolti negli scontri. Più silenzioso il Rassemblement National, così come i Repubblicani, che avevano invocato invece lo stato d’emergenza per fermare le rivolte già dopo la prima notte di guerriglia.

Nel frattempo, mentre la guerriglia ha invaso le strade delle città francesi, oltre ai rivoltosi si sono visti in strada anche gruppi di estrema destra che, specialmente in alcuni centri urbani, hanno messo in piedi delle vere e proprie ronde per farsi giustizia da sé. Una guerra intestina che, come ha spiegato Macron, sembra avere oltrepassato il picco, ma che non lascia dormire sonni tranquilli né all’Eliseo né al governo, che ora devono dare risposte e garanzie a un Paese che si è mostrato ancora una volta profondamente diviso e vicino al baratro.

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