È il pensiero della morte che attanaglia il padrino di Cosa Nostra, da dieci giorni in regime di 41bis in una cella di pochi metri quadrati nel carcere di massima sicurezza Le Costarelle, in provincia de L’Aquila. La malattia che lo rende sempre più vulnerabile e debole e il pensiero della fine sarebbero l’unica preoccupazione del boss Matteo Messina Denaro. Ha parlato solo con i medici in questi primi giorni da detenuto e non più da super latitante, un breve colloquio con la psicologa del penitenziario, qualche parola anche con le guardie carcerarie, per il resto rimane in silenzio. Non una parola, d’altronde l’aveva chiarito subito, qualora ce ne fosse stato bisogno: non mi pentirò mai. Ha solo paura del tumore al colon che lo sta lentamente consumando l’ultima primula rossa di Cosa Nostra.
“Non ho ricevuto una educazione culturale ma ho letto centinaia di libri, sono quindi informato sulle cure, vi prego di poter essere trattato con farmaci e terapie migliori“. Avrebbe ripetuto più volte, con toni pacati e cordiali ai medici e al personale penitenziario racconta l’Ansa. Non solo, pare che l’ultimo dei Corleonesi abbia anche chiesto di poter ricevere “cure speciali che ci sono solo in Israele” come racconta Repubblica. Non avrebbe intenzione di creare alcun problema al penitenziario e alle persone che ci lavorano e ci ha tenuto a dire che lui non è quello che tutte le televisioni del mondo stanno raccontando, non è il mostro accusato di aver ucciso bambini e donne innocenti.
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Per ora, però, niente cure israeliane, la stanza allestita per la chemioterapia di fronte alla sua cella rimane lì e nelle prossime settimane dovrebbe effettuare la seconda seduta di chemio da quando è in carcere. È in buone condizioni, fa sapere l’Ansa, ha superato i postumi della prima chemio di mantenimento, avrebbe avuto solo qualche problema gastrointestinale e gli oncologi prevedono di fare la seconda seduta entro le prossime settimane. I medici che lo hanno in cura, quelli dell’equipe guidata dal professor Luciano Mutti, primario oncologo dell’ospedale aquilano, lo avrebbero rassicurato che si stanno seguendo procedure all’avanguardia come da protocolli internazionali. Sembra un’altra vita quella fatta di crimini, lusso, belle donne e fughe dalla giustizia. Il padrino sembra essere già lontano da tutto questo, sa che dovrà morire in carcere ma il suo pensiero pare non riguardare le quattro mura in cui è rinchiuso, ma solo la morte. D’altronde, come scriveva Proust “l’idea che si morirà è più crudele del morire”. E forse è così per tutti, anche per l’ultimo boss della mafia stragista.
L’articolo Messina Denaro ha paura di morire: “Ho letto che con le cure israeliane mi posso salvare” proviene da Il Riformista.