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Intervista a Maryam Pezeshki: “Sogniamo un Iran democratico”

DiRed Viper News Manager

Gen 18, 2023

Maryam Pezeshki è una donna che vive in Italia da più di dieci anni, arrivata nel nostro Paese per studiare e ritornare in patria ha finito per rimanerci in una condizione di rifugiata politica. Membri della sua famiglia sono stati prima perseguitati e successivamente eliminati dal regime teocratico iraniano. Maryam è un’artista che dipinge, scolpisce e insegna l’arte. È un’attivista politica che, come altre sue coetanee connazionali è uscita allo scoperto partecipando attivamente alle iniziative di lotta e sensibilizzazione per quanto sta accadendo nel suo paese. Il regime è in grado di colpire all’estero i propri oppositori, tuttavia la partecipazione massiccia degli espatriati iraniani e la solidarietà attiva di molti gruppi alla causa per le libertà civili in Iran aiutano la causa di un popolo oppresso.

Dall’inizio della cosiddetta rivoluzione iraniana la comunità presente in Italia ha dato segnali di voler incoraggiare la protesta. Esiste un coordinamento politico o questa protesta nasce spontaneamente?
L’elemento riconosciuto di questa rivoluzione è la spontaneità. Ed essa avanza ogni giorno da ciascuno di noi. E sta accadendo una rivoluzione anche dentro di noi ed essa influisce fortemente quella esterna. Siamo diventati più uniformi nelle ragioni della nostra protesta. Tra di noi c’è chi ha pagato il prezzo più alto in questi anni. Le proteste sono portate avanti da tante categorie, dalle donne che gridano “Donna Vita Libertà” e dagli attivisti dei diritti umani, uomini e donne che stanno patendo il carcere o l’esilio come chi sta parlando.

Chi guida questa rivoluzione?
I nostri leader sono le madri come Gohar Eshghi che hanno perso i loro figli e coraggiosamente combattono contro un regime assassino. Le nostre guide sono Nasrin Sotoudeh avvocata e militante per i diritti umani, chiusa e torturata in carcere da anni. Narges Mohammadi difensore dei diritti umani, la giovane e combattente Soheila Hejab, Shirin Ebadi vincitrice del premio Nobel. Le nostre manifestazioni sono anche guidate da Hamed Esmaeilion, attivista, scrittore e dentista residente in Canada, presidente e portavoce dell’associazione dei familiari di 140 vittime del volo PS752. Lui stesso ha perso la moglie e la figlia di 7 anni in quel volo abbattuto esattamente tre anni fa con i missili delle guardie del regime iraniano.

A voler rovesciare il regime ci sono anche i monarchici che vorrebbero Reza Pahlavi al governo…
Sono presenti anche i MEK un’opposizione che è attiva da mezzo secolo, un partito vicino al marxismo seppur islamizzato. A voler spazzare via i mullah sono anche le etnie prevalentemente sunnite delle città come Zahedan, i Beluchi e i Kurdi. Combattono fuori e dentro anche le minoranze religiose come i Bahai e negli ultimi anni i dervisci vengono perseguitati e persino uccisi. E siamo anche noi nati sotto l’oppressione di un governo islamico. Noi che gridiamo “Donna Vita Libertà”

Lei ha notizie dirette di ciò che accade o gli accadimenti sono filtrati dai mezzi di comunicazione o dai social? E ha contatto con i suoi connazionali?
Malgrado l’oscuramento di internet e l’impossibilità di poter chiamare i nostri familiari che vivono in Iran, le notizie continuano ad arrivare. I video girati dai manifestanti rivelano sempre di più delle scene orribili. Noi che viviamo in un paese libero come l’Italia, abbiamo difficoltà nel diffondere certi argomenti come ad esempio il fatto che il regime fornisce la droga Captagon ai soldati per renderli più brutali contro i manifestanti.

Lei ritornerebbe nel suo paese se fosse ripristinata una normalità civile e democratica
Per me personalmente sarebbe un tuffo doloroso al cuore, arrivare all’aeroporto di Teheran e non vedere mia sorella (uccisa un anno e mezzo fa) venirmi a prendere. Ma se questa banda di criminali viene sconfitta ci tornerei anche domani. Ci torneremo tutti per ricostruire e far rinascere Iran, la nostra patria della cultura millenaria.

Cosa chiedete alla Comunità Internazionale ed a quella europea in particolare?
La comunità iraniana in lotta chiede innanzitutto ai governi europei di mettere nella lista nera i pasdaran e di far prevalere la vita degli esseri umani agli affari economici. Il nostro sogno da realizzare è un Iran governato da una legge basata sulla democrazia, scelta dalla maggioranza degli iraniani e non la legge della Sharia dei beduini di 1400 anni fa.

Qual è la speranza concreta per l’Iran?
Noi iraniani con qualsiasi bandiera e ideologia siamo contro un totalitarismo che umilia le donne e uccide chi protesta con loro. Puntiamo tutti su un cambiamento radicale. Non serve a nulla sperare in timide riforme. Ovviamente è da prendere in considerazione il pericolo di un governo senza i turbanti ma con i pasdaran. Loro in questi 43 anni si sono arricchiti vendendo droga e armi. Ma noi abbiamo tanti leader mentalmente brillanti che in questo momento sono chiusi nel reparto 209 del carcere Evin, dove tengono i prigionieri politici. Noi desideriamo lasciare ai prigionieri politici il destino del nostro paese una volta che saranno liberati come mi auguro.

L’articolo Intervista a Maryam Pezeshki: “Sogniamo un Iran democratico” proviene da Il Riformista.